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Pubblico Impiego e “lavoro precario” nella P.A.

Tribunale di Firenze, sez. lavoro, 30.9.2015, n. 1009 (caso patrocinato da N. Felli)
Pubblico Impiego e “lavoro precario” nella P.A.
Tribunale di Firenze, sez. lavoro, 30.9.2015, n. 1009 (caso patrocinato da N. Felli) 

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“La ripetizione di rapporti di lavoro <precario> (collaborazione coordinata e continuativa, collaborazione occasionale, contratti di lavoro a tempo determinato) con il medesimo Comune, in presenza di concrete modalità di svolgimento della prestazione da parte del lavoratore atte a confermare la sussistenza di un vincolo di subordinazione nell’esecuzione delle relative prestazioni, se non può comportare la costituzione di un rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato in virtù dell’espresso divieto contenuto nell’art. 36 del D.lgs. n. 165/01, determina tuttavia il diritto del lavoratore alla regolarizzazione contributiva a carico dell’ente pubblico, ai sensi dell’art. 2126 c.c., per tutto il periodo di effettuazione delle relative prestazioni”


Tribunale di Firenze, sez. lavoro, 30.9.2015, n. 1009 (caso patrocinato da N. Felli)

Il lavoratore che abbia prestato per una P.A. (nel caso un Comune), sotto la copertura “formale” di contratti “precari” di varia natura (collaborazione occasionale, co.co.pro., contratti a termine), succedutisi a breve distanza di tempo, attività che nella sostanza abbia avuto natura continuativa e caratteri tipici della subordinazione, ha diritto ad ottenere dall’ente pubblico la regolarizzazione contributiva, attraverso il versamento a carico dell’Amministrazione dei contributi previdenziali previsti per il lavoratore subordinato per tutto il periodo di svolgimento delle prestazioni, a prescindere dalla qualificazione formale dei contratti stipulati.

Il principio, affermato dal Tribunale del lavoro di Firenze in un caso patrocinato con successo dall’Avv. N. Felli dello Studio Legale RFA, è di rilevante portata pratica proprio in quanto sancito con riferimento al settore pubblico. Anche negli enti pubblici – specialmente in ambito locale – infatti, complici i “blocchi” delle assunzioni e le difficoltà di bilancio, si sono negli ultimi anni sempre più frequentemente utilizzati, per coprire ordinarie esigenze di funzionamento della macchina amministrativa e dei servizi pubblici che avrebbero richiesto in realtà l’assunzione di dipendenti a tempo indeterminato, espedienti consistenti nello stipulare contratti “precari”, formalmente qualificati come di “lavoro autonomo” (prestazioni occasionali, co.co.pro., contratti d’opera professionale a “partita IVA”), in cui le modalità di svolgimento del rapporto erano in realtà del tutto sovrapponibili a quelle proprie del lavoro subordinato.  

Nel caso di specie, la ricorrente aveva svolto funzioni di insegnante di nuoto presso le piscine comunali per diversi anni, inizialmente nella forma della prestazione d’opera professionale (“a fattura”) e successivamente tramite ripetuti contratti di “collaborazione occasionale“, co.co.co., co.copro., intervallati da brevi periodi di assunzione a tempo determinato. Il Tribunale, riconosciuto che, al di là delle “forme” contrattuali utilizzate, la prestazione svolta a favore del Comune era stata di fatto continuativa e caratterizzata da tutti gli elementi che la giurisprudenza (la sentenza richiama, tra le tante, Cass., sez. lavoro, 14.7.1993, n. 7796; idem, 9.6.1994, n. 5990, 29.3.1995, n. 3745; 18.12.1996, n. 11329) ha individuato come “sintomi” del vincolo della subordinazione (sottoposizione alle direttive dell’ente datore di lavoro, assenza di autonomia, versamenti a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, vincoli di orario), ha dunque ritenuto provato che per tutto il periodo considerato (dal 1998 al 2008) “la ricorrente sia stata assoggettata al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del Comune e che quindi il rapporto intercorso tra le parti debba essere correttamente qualificato quale subordinato”.

Come conseguenza di ciò il Tribunale, pur affermando che, in virtù dell’espresso divieto previsto dall’art. 36 del D.lgs. n. 165/2001 che impedisce nel lavoro pubblico (diversamente da quello che avverrebbe in casi analoghi in quello privato) la “conversione del rapporto” in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la costituzione “iussu iudicis” di un rapporto di pubblico impiego, ha tuttavia ritenuto che alla lavoratrice spettasse comunque il diritto quanto meno “alla regolarizzazione contributiva ex art. 2126 c.c. (cfr. tra le altre cass. sez. lav oro, 3.2.2012, n. 1639)”. Ha quindi condannato il Comune a provvedere per tutto il decennio considerato al versamento dei contributi previdenziali corrispondenti a quelli dovuti per un rapporto di lavoro subordinato. (L.R.)