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Le dichiarazioni rese dai dipendenti agli ispettori del lavoro non sono sottratte all’accesso

Tar Toscana, sez. I, 21 dicembre 2020, n. 1696 (caso patrocinato da N. Felli)

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Le dichiarazioni rese dai dipendenti agli ispettori del lavoro e riportate nei relativi verbali non sono sottratte al diritto di accesso di cui alla L. n. 241/1990, esercitato dall’impresa che lo richieda per poter esercitare i propri diritti di difesa procedimentale e giudiziale nei confronti del provvedimento adottato nei suoi confronti dall’Amministrazione. Concordando con quanto sostenuto nel ricorso proposto dall’Avv. N. Felli dello Studio RFA, il Tar Toscana ha dichiarato l’illegittimità del diniego opposto dall’I.N.P.S. all’istanza avanzata da un’impresa oggetto di un accertamento da parte dell’Istituto, la cui motivazione faceva appunto riferimento a dichiarazioni rese dai lavoratori durante i rilievi ispettivi condotto in azienda. La sentenza è conforme a recente giurisprudenza (v. Tar Toscana, sez. I, sentt. 10 novembre 2017, n. 1374 e 30 maggio 2018, n. 770, nonché T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 15 febbraio 2018, n. 434; T.A.R. Lazio, Latina, 31 gennaio 2017, n. 63; Consiglio di Stato sez. III, 10 giugno 2016, n. 2500)

Il Tar ha respinto la tesi dell’Amministrazione che era fondata sull’assunto che l’istanza dell’impresa non potesse essere comunque accolta per il disposto dell’art. 2, comma 1, lett. c), del D.M. n. 757/1994. Questa disposizione esclude dall’accesso i “documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi“. La pronuncia ha infatti affermato che tale norma, pur posta a tutela della riservatezza dei lavoratori, non preclude in via assoluta l’accesso ai verbali ispettivi ed ai presupposti atti istruttori. Al contrario essa limita il diritto di accesso ai documenti contenenti le notizie acquisite nel corso dell’attività ispettiva, solo quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico dei lavoratori o di terzi.  La sottrazione all’accesso di tali atti in materia di lavoro postula dunque che risulti un effettivo pericolo di pregiudizio per i lavoratori o per i terzi, sulla base di elementi di fatto concreti, e non per presunzione assoluta. Occorre infatti “contemperare i contrapposti interessi: da un lato l’esigenza di accedere ai documenti al fine di esercitare il diritto di difesa e di potere agire in giudizio…, o comunque al fine di poter valutare in modo consapevole la convenienza o l’opportunità di una tutela giurisdizionale in ordine ai fatti o atti risultanti dalla documentazione visionata, dall’altro lato l’esigenza di tutela rafforzata prevista dall’art. 2 del D.M. n. 757 del 1994, in funzione dell’interesse generale ad un compiuto controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro“.  Ciò richiede all’Amministrazione che intenda negare l’accesso uno specifico onere di motivazione e di istruttoria. E’ necessario, in particolare, “verificare l’effettiva e concreta necessità di salvaguardare da azioni discriminatorie o indebite pressioni i dichiaranti e comparare i contrapposti interessi, anziché opporre una aprioristica ed esclusiva valorizzazione della riservatezza delle persone che hanno reso le dichiarazioni acquisite nel corso dell’accertamento ispettivo“. Onere che nel caso di specie non è stato assolto dal provvedimento di diniego dell’I.N.P.S. che non ha evidenziato in alcun modo la sussistenza di un concreto pregiudizio per gli interessi dei lavoratori dichiaranti, tanto più che l’istanza di accesso era stata formulata esplicitamente dall’impresa  con la cautela relativa alla <<previa cancellazione dei dati anagrafici dei lavoratori>>. (L.R.)