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Distanze legali: il danno non è “automatico”

Cassazione Civile, Sezione Seconda, ordinanza 23 giugno 2023, n. 1079 (caso patrocinato dal Prof. Avv. Luca Righi)
Distanze legali: il danno non è “automatico”
Cassazione Civile, Sezione Seconda, ordinanza 23 giugno 2023, n. 1079 (caso patrocinato dal Prof. Avv. Luca Righi) 

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Nel caso di violazione delle distanze legali il danno non è “in re ipsa”.

Con l’ordinanza segnalata, in accoglimento del ricorso presentato dal Prof. Avv. Luca Righi per un cliente dello Studio RFA contro una sentenza della Corte d’appello di Firenze, la Seconda Sezione della Cassazione Civile ha fornito alcuni importanti chiarimenti sulla questione delle conseguenze che derivano dalla violazione delle norme sulle distanze legali. L’ordinanza dà seguito al principio di diritto, più volte affermato dalla stessa Cassazione, secondo cui, “in caso di violazione della normativa sulle distanze tra costruzioni, al proprietario confinante compete sia la tutela in forma specifica finalizzata al ripristino della situazione antecedente, sia la tutela in forma risarcitoria ( ex multis Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17635 del 18/07/2013, Rv. 627242 – 01)“. Il danno che può derivare al confinante dalla costruzione di manufatti in violazione delle distanze legali al confinante “riguarda non la cosa ma il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa sicchè il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione“. Ciò premesso, tuttavia, diversamente da altre pronunce, nella pronuncia segnalata, la Suprema Corte, in accoglimento delle argomentazioni svolte dal Prof. Avv. Luca Righi nell’impugnazione presentata, nega che il danno debba essere considerato “in re ipsa” e dunque possa essere riconosciuto in maniera “automatica”. Si deve semmai parlare in questi casi di “<danno presunto> o <danno normale>, privilegiando la prospettiva della presunzione basata su specifiche circostanze da cui inferire il pregiudizio allegato“. Con la conseguenza che colui che intende farlo valere in aggiunta alla tutela “ripristinatoria” ha l’onere di darne al prova. Anche “nel caso in cui la prova sia fornita attraverso presunzioni, l’attore ha comunque l’onere di allegare il pregiudizio subito”. Il danno connesso all’aver dovuto sopportare temporaneamente una costruzione a distanza inferiore a quella legale, ove sia disposta la demolizione dell’opera costruita “non a distanza”, andrà computato “tenendo conto della temporaneità della lesione del bene protetto dalle norme, della diminuzione temporanea del valore della proprietà e di altri elementi” che comunque “il danneggiato ha l’onere di allegare, al fine di consentire al giudice la valutazione equitativa del danno”. In tale prospettiva, la pronuncia della Corte d’appello, che aveva liquidato in via equitativa il danno “sulla base della modifica dello stato dei luoghi e della particolare complessità dei lavori di ripristino“, è stata ritenuta “arbitraria“. La stessa avrebbe invece dovuto tener conto “di altri elementi come la riduzione di fruibilità della proprietà, del suo valore, la perdita di aria e luce, la potenzialità edificatoria” purché fossero stati “oggetto di allegazione da parte dell’attore“. (L.R.)