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“Accessione invertita” ex art. 938 c.c.: solo nel caso di sconfinamento parziale

Tribunale di Firenze, sez. II civile, sentenza 8 febbraio 2024, n. 413 (caso patrocinato da L. Righi)
“Accessione invertita” ex art. 938 c.c.: solo nel caso di sconfinamento parziale
Tribunale di Firenze, sez. II civile, sentenza 8 febbraio 2024, n. 413 (caso patrocinato da L. Righi) 

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L'”accessione invertita” prevista dall’art. 938 c.c. può applicarsi solo nel caso di “sconfinamento” parziale, non invece quando la costruzione sia stata fatta interamente sul terreno altrui.

Con la sentenza segnalata, che ha sancito la vittoria in giudizio del cliente dello Studio RFA, difeso dal Prof. Avv. Luca Righi, il Tribunale di Firenze ha chiarito i limiti di applicabilità della disposizione dell’art. 938 c.c., anche in relazione alle diverse fattispecie di “invasione di terreni altrui” regolate dall’art. 936 c.c..

L’art. 938 c.c. prevede – come diremo tra poco – un’eccezione alla più nota regola generale dell'”accessione“, sancita dall’art. 934 c.c., secondo cui “qualunque piantagione, costruzione o opera esistente sopra o sotto il suolo, appartiene al proprietario di questo“.

La regola vale anche quando le piantagioni, opere o costruzioni siano fatte da un terzo occupando terreno altrui. Secondo l’art. 936 c.c., il proprietario del terreno avrà infatti diritto di “ritenere” quanto realizzato dal terzo sul suo terreno, pagando a sua scelta al medesimo il valore dei materiali e il prezzo della mano d’opera, oppure l’aumento di valore recato al fondo (comma 2). A meno che egli non voglia obbligare il terzo a rimuoverle a spese del medesimo (comma 3), cosa che comunque non potrà fare se le piantagioni, opere o costruzioni siano state fatte  con la piena consapevolezza del proprietario del terreno e senza sua opposizione, oppure il terzo abbia agito “in buona fede”, oppure, infine, se siano passati oltre sei mesi dall'”incorporazione” (commi 4-5).

L’art. 938 c.c. introduce tuttavia l'”inversione” della suddetta regola generale per l’ipotesi (non per nulla definita come “accessione invertita”) per il caso dell’occupazione “in buona fede” di una porzione del fondo confinante altrui effettuata durante la realizzazione di un “edificio“. In tal caso, infatti, sarà il realizzatore di quest’ultimo a poter domandare all’Autorità Giudiziaria di diventare proprietario del terreno occupato, se il proprietario di questo non faccia opposizione “entro tre mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione“.

Il Tribunale di Firenze, nella sentenza segnalata, ha accolto le tesi dello Studio RFA. Ha in primo luogo osservato che, perché si possa applicare l'”accessione invertita” è necessario intanto che si tratti di “edifici” in senso proprio, cioè, per usare le parole della Cassazione, “di una struttura muraria complessa idonea alla permanenza nel suo interno di persone e di cose, non potendo, quindi, essere invocato con riguardo a opere diverse” (nel caso si trattava di un casotto prefabbricato a uso “rimessa attrezzi” e di una cisterna interrata: v. Cassazione civile sez. II, 16/09/2019, n.22997).

Inoltre, ha precisato che deve trattarsi di un mero “sconfinamento parziale”, ovvero di “costruzione giacente in parte sul terreno del costruttore ed in parte sul terreno altrui, non trovando, perciò, applicazione nelle ipotesi di costruzione interamente eseguita sul fondo altrui, che sono invece regolate dall’art. 936 c.c.”, come ritenuto anche dalla giurisprudenza della Cassazione (vedi, solo tra le più recenti Cass. 2022/27997).  (L.R)