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Distanze legali e nozione di “costruzione” ai fini civilistici ed edilizio-urbanistici

Tribunale di Arezzo, sentenza 15 dicembre 2015, n. 1423 (caso patrocinato da L. Righi)

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“Non costituiscono <costruzioni> assoggettate al rispetto delle distanze legali previste dal codice civile e dagli strumenti urbanistici i muri di contenimento di un terrapieno, privi di sottofondazioni, realizzati per ragioni di sicurezza al fine di evitare smottamenti del terreno, onde deve essere respinta la pretesa del proprietario attore di vederli demoliti. Al contrario, deve essere accolta la domanda riconvenzionale proposta dai proprietari convenuti diretta alla demolizione di alcuni manufatti realizzati da parte attrice non a distanza dal confine, anche qualora gli stessi siano stati autorizzati dal Comune, giacché il rilascio della concessione amministrativa non comporta la compressione dei diritti dei terzi”.


Tribunale di Arezzo, sentenza 15 dicembre 2015, n. 1423 (caso patrocinato da L. Righi)

Il Tribunale di Arezzo ha sancito i principi in epigrafe in una tipica controversia “di vicinatoinvolgente questioni sia di tipo “civilistico” che di natura “edilizio-urbanistica”, nella quale i clienti dello Studio legale RFA erano stati citati in giudizio dalla proprietaria confinante la quale lamentava tra l’altro che, nel corso di lavori di ristrutturazione dell’immobile dei primi, fosse stato modificato il piano di campagna e realizzati dei “muri di contenimento” a distanza dal confine inferiore rispetto a quella prevista dal codice civile e dalle norme urbanistiche. Accogliendo le tesi difensive sostenute con successo dall’Avv. L. Righi, la sentenza ha invece integralmente respinto le domande dell’attrice, rilevando come la realizzazione di muri e/o cordoli in cemento armato, privi di sottofondazioni, con funzioni di mero contenimento del terreno in una zona particolarmente scoscesa non può qualificarsi come “costruzione” ai fini della normativa in materia di distanze di cui al D.M. 2.4.1968 n. 1444 ed agli strumenti urbanistici comunali, né alla relativa disciplina del codice civile. Da tale ultimo punto di vista, infatti, l’art. 878 c.c. esclude espressamente che muri isolati di altezza inferiore ai tre metri possano essere considerati per il computo delle distanze imposte dalla disciplina codicistica. La sentenza aretina trova conferma nella consolidata giurisprudenza. la quale ha chiarito come ai fini dell’osservanza delle norme sulle distanze legali di origine codicistica o prescritte dagli strumenti urbanistici in funzione integrativa della disciplina privatistica sia qualificabile come costruzione esclusivamente il manufatto “non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato …e purché determini un incremento del volume, della superficie e della funzionalità dell’immobile e non abbia una funzione meramente decorativa” (cfr., fra tutte, Cass., sez. II, 28.9.2007, n. 20574); ed, ancora, come “non costituisce costruzione il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno, per la parte che assolve a tale funzione” (cfr. fra tutte, Cass., sez. II, 11.1.1992, n. 243; nonché Corte di Appello di Firenze, sez. I, 12.10.2004).

Il Tribunale di Arezzo ha invece condannato l’attrice, oltre che a rifondere integralmente le spese del giudizio ai convenuti, a demolire due manufatti (a dichiarato uso di “legnaia” e “ripostiglio”) che la stessa aveva precedentemente realizzato a distanza inferiore dal confine con la proprietà dei clienti dello Studio RFA, anche se gli stessi risultavano essere conformi “a quanto autorizzato dall’Amministrazione comunale”. In proposito, la sentenza ha rilevato come la regolarità “amministrativa” della costruzione non comporta automaticamente che la stessa sia legittima anche dal punto di vista del rispetto delle norme civilistiche a tutela della proprietà. Il titolo abilitativo edilizio rilasciato dal Comune, infatti, laddove attesta la conformità delle opere alla disciplina amministrativa di tipo edilizio-urbanistico, è sempre effettuato “con salvezza dei diritti dei terzi” e non consente dunque la compressione di questi ultimi, né involge la valutazione del rispetto dei diversi profili di tipo prettamente privatistico presi in considerazione dalle norme del codice civile. (L.R.)