+39 055.491949

Pubblicità sanitaria: se la disciplina è “oscura” niente sanzione

Tar Toscana, sez. I, sentenza 4 febbraio 2019, n. 171 (caso patrocinato da L. Righi)
Pubblicità sanitaria: se la disciplina è “oscura” niente sanzione
Tar Toscana, sez. I, sentenza 4 febbraio 2019, n. 171 (caso patrocinato da L. Righi) 

I


Il caso deciso dalla sentenza del Tar Toscana in commento in materia di “pubblicità sanitaria” è particolarmente interessante e la soluzione accolta dalla sentenza è per la specifica materia senz’altro innovativa. Una società titolare di diverse cliniche dentali, cliente dello Studio RFA, a seguito di esposto presentato dall’Ordine provinciale dei Medici e degli Odontoiatri, era stata sanzionata dal Comune con la sospensione per il periodo di sei mesi dell’autorizzazione sanitaria di uno dei propri centri dentali (con conseguente “chiusura forzata” dello stesso per il medesimo periodo) per aver pubblicato nel mese di giugno 2018 annunci pubblicitari su alcuni quotidiani locali mancanti dell’indicazione del nominativo del Direttore sanitario, richiesta dall’art. 5 della L. n. 175/1992 in materia appunto di pubblicità sanitaria. Tale normativa invero  – anche alla luce di alcune pronunce della Cassazione (sez. III, 15.1.2007, n. 652; idem, 30.11.2006, n. 25494; sez. II, 17.1.2014, n. 870) e di circolari ministeriali (circ. Min. Salute DGPROF 0020106-P-30/04/2012) pareva superata (anche per la disposizione che imponeva l’obbligo per le strutture sanitarie di indicazione nelle pubblicità del nominativo del Direttore sanitario) dopo la riforma del “decreto Bersani” del 2006. Quest’ultima aveva “liberalizzato” la pubblicità anche per i settori oggetti di attività professionali regolamentate, disponendo l’abrogazione di tutte “le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa“. Senonché recentemente, con una innovativa pronuncia proprio del giugno 2018 (sez. III, n. 3467/2018), il Consiglio di Stato ha inaspettatamente chiarito che la L. n. 175/1992 doveva intendersi ancora valida e vigente. Ciò quanto meno per quelle disposizioni (come l’art. 5 citato che richiede che nella pubblicità vi sia l’indicazione del nominativo e delle qualifiche del Direttore sanitario) che propriamente non ponevano “divieti” alla pubblicità sanitaria, ma la sottoponevano a regole ritenute espressive dei principi di “correttezza e trasparenza” non incompatibili con la “riforma Bersani”. Pur adeguandosi al recente orientamento del Consiglio di Stato, il Tar Toscana – accogliendo le tesi sostenute dal Prof. Avv. Luca Righi per la società cliente dello Studio RFA – ha tuttavia riconosciuto l’oggettiva “oscurità” della “trama normativa“. La conseguente incertezza interpretativa, dovuta anche al carattere generale della “clausola abrogante” di cui alla “legge Bersani”, avrebbe dunque potuto incolpevolmente indurre a ritenere – quanto meno prima della citata recente pronuncia del Consiglio di Stato e/o nel periodo immediatamente successivo alla sua emanazione – che effettivamente non fosse più vigente la disposizione che imponeva nella pubblicità l’indicazione del Direttore sanitario: a maggior ragione tenendo conto della rilevante (ed a parere dello scrivente veramente sproporzionata) gravità (sospensione dell’autorizzazione da sei mesi a un anno) della sanzione per una violazione di tipo “formale” come quella di cui si discuteva. Il Tar ha dunque ritenuto applicabile al caso di specie il principio – affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 364/1988) con riferimento alle violazioni delle norme penali, ma ritenuto da tempo estensibile anche alla materia delle sanzioni amministrative – secondo il quale non è punibile colui che commetta un’illecito “nella situazione psicologica di ignoranza inevitabile del precetto che lo configura”. Il ricorso è stato quindi accolto ed annullata la sospensione dell’autorizzazione sanitaria che era stata irrogata alla cliente dello Studio RFA. (L.R.)